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La trama di My Spy – La città eterna
JJ (Dave Bautista) e la figliastra Sophie (Chloe Coleman) sono cresciuti. O meglio: Sophie è cresciuta, ha 14 anni e mentre JJ continua ad addestrarla – prendendosi cura di lei mentre la madre è all’estero – Sophie vorrebbe solo trovare il modo di chiedere al ragazzo che le piace di accompagnarla al ballo della scuola.
JJ ha smesso i panni dell’agente operativo della CIA per reinventarsi padre, ma Sophie attraversa una fase difficile in cui non riesce più a legare con lui. Quando una gita del coro della scuola, di cui fanno parte Sophie, Ryan (Billy Barratt) e Colin (Taeho K), il figlio del capo di JJ alla CIA, porta tutti in Italia, JJ si offre di accompagnarli per tenere i ragazzi al sicuro. Ma il suo piano fallisce quando un attacco terroristico minaccia di distruggere mezzo mondo se non otterrà un pagamento stratosferico…
Quando un film dura troppo e manca l’obiettivo
My Spy – La città eterna dura 4 ore. Cioè, sembrano quattro 4, in realtà si tratta di quasi 2. 1 ora e 53 minuti, per la precisione. Comunque troppo.
Bellissima Roma, splendide Venezia e Firenze, incantevole tutta la Toscana… Ma questo film è davvero troppo lungo e noioso. È il sequel di My Spy, del 2020, decisamente più riuscito.
Diretto da Peter Segal, che firma anche la sceneggiatura insieme a Eric Hoeber e Jon Hoeber. Segal è anche produttore: il cast tecnico resta sostanzialmente invariato rispetto al primo film, ma stavolta si fanno decisamente prendere la mano. Hanno esagerato. E comunque, visto che il primo capitolo è passato quasi inosservato, molti non l’hanno visto e si perdono, visto che vengono inseriti dei riferimenti incomprensibili per chi non conosce il primo film.
Il cast prometteva di fare scintille
Una grande schiera di attori comici, molti famosi per le serie TV, come per esempio Ken Jeong, universalmente noto per Una notte da leoni ma storico interprete della meravigliosa sitcom Community; Kristen Schaal è la ex Carol di quel gioiello comedy intitolato The Last Man on Earth, mentre Craig Robinson è l’indimenticabile Darryl nella versione USA di The Office, un’altra sitcom che gli appassionati del genere conoscono a memoria. Insomma: ci aspettavamo grandi cose.
Invece, My Spy – La città eterna non è divertente come avrebbe potuto essere, anzi. Come spesso accade con questi prodotti, finisce per prendersi esageratamente sul serio.
Un mix di azione e commedia che non convince
La prima parte è piuttosto divertente, ma poi si passa all’action puro – con sequenze parecchio inverosimili – per finire con una fase mistica che francamente non fa che peggiorare la situazione.
Tanto per capirci, quando uso il termine “inverosimili”: secondo il film, in Italia si trovano ovunque bici non legate, vespe con le chiavi infilate e pronte da rubare, per non parlare dell’incapacità di distinguere Roma da Città del Vaticano.
Sì, certo: ci sono delle cose divertenti, a cominciare da alcune espressioni di Jeong e dai baci della Schaal, per non parlare dei fringuelli da combattimento e l’uniforme di Peppa Pig. Si apprezza l’omaggio a Morricone con i “servizi idraulici Morricone”. Ma non basta a compensare tutto il resto, inclusi i soliti luoghi comuni sugli italiani, come il colonnello che bacia tutti due volte sulle guance.
Conclusioni
La solita solfa, insomma. Vedere Anna Faris (altra star della TV comedy con Mom, nonché interprete del cinema demenziale nella saga di Scary Movie) in versione non bionda stranisce un po’. Ma niente paura: dura poco. Al contrario del film che, invece, sembra non finire mai. Non finisce più. Non so se ho reso il concetto…
Non sto a elencarvi tutte le incongruenze del film, condite da una colonna sonora che italianizza, con un forte accento americano, una delle canzoni più usate nelle commedie romantiche made in USA.
Mi limito a ricordare che per un’ora e 53 minuti di ciò che ci viene “venduto” come un mix fra azione e comedy, ma che in realtà ha una prima parte comedy e poi diventa solo azione, salvo tentare di recuperare proprio nell’ultimissima sequenza, fa pensare che due ore si sarebbero potute impiegare molto meglio. Le nostre, intendo, dedicandosi alla visione di altro.