Nel fantasy ci si aspetta spesso il classico: un eroe, una profezia, un regno da salvare. Ma The Witcher prende tutto questo e lo ribalta, lo contorce, lo sporca. E in mezzo al sangue, al fango e alla magia, tira fuori qualcosa di più raro: l’umanità.
Perché dietro le spade affilate e le creature da incubo, qui c’è un mondo che soffre, spera, sbaglia. E ci sono personaggi che, pur essendo destinati a qualcosa di più grande, sono prima di tutto… fragili.
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Il fascino ruvido di Geralt
Geralt di Rivia è un personaggio che va a rilento, che osserva prima di parlare, che combatte solo quando necessario. Non ha bisogno di grandi monologhi per trasmettere il peso delle sue scelte: basta uno sguardo, un grugnito ben piazzato, una frase tagliente che spezza il silenzio come una lama nel buio.
Eppure, sotto l’armatura e i capelli bianchi, pulsa un cuore stanco. Un cuore che vorrebbe solo essere lasciato in pace, ma che il destino – o il caos, come direbbe lui – continua a strattonare da una parte e dall’altra.
Yennefer e Ciri: due anime, un cambiamento
Al fianco di Geralt, due figure femminili che non fanno da contorno: sono fuoco, carne e voce.
Yennefer è ambizione, dolore, forza. Una donna che ha dovuto sacrificare se stessa per ottenere potere, e che ora cerca di riprendersi ciò che resta. Ciri, invece, è il futuro. È il cuore puro catapultato in un mondo brutale. È quella domanda aperta che ogni stagione cerca di avvicinare, senza mai darle una risposta semplice.
La relazione tra questi tre personaggi è il vero motore della serie. Non servono mappe, incantesimi o battaglie per tenere lo spettatore agganciato. Bastano i loro sguardi, i loro silenzi, le fratture che diventano legami.
Oltre l’epica: il fantasy come specchio
The Witcher funziona perché non vuole piacere a tutti.
Non semplifica, non addolcisce. Racconta un mondo lacerato da guerre, ingiustizie, discriminazioni. E lo fa usando mostri, ma anche e soprattutto uomini. I veri orrori, spesso, sono dentro le città, non nelle foreste.
Le stagioni più recenti hanno perso un po’ dell’effetto sorpresa iniziale, ma hanno guadagnato in profondità e ritmo. La narrazione si è fatta più politica, più corale, ma sempre con al centro l’elemento più potente: le scelte.
The Witcher non è una serie che ti dice cosa pensare. Ti mette davanti a una scena, a una decisione, e ti lascia il tempo di sentire il peso di quella scelta.
E forse è proprio questo il motivo per cui, tra elfi, magia e maledizioni, continuiamo a restare.
Perché The Witcher non parla solo di mostri. Parla di noi.
Di quello che siamo disposti a sacrificare.
Di quello che speriamo di trovare.
E di ciò che, anche nel caos, continuiamo a cercare: un senso.