Ci sono artisti che, anche dopo la loro scomparsa, continuano a parlare al cuore delle persone.
Pino Daniele è uno di questi. Con il docufilm Pino Daniele – Nero a Metà, diretto da Giorgio Verdelli, la sua voce e la sua anima tornano a farsi sentire, in un racconto che è molto più di una semplice biografia.
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Un ritratto sincero e pieno di sfumature
Guardando il documentario, la prima cosa che colpisce è la delicatezza con cui viene trattata la figura di Pino.
Non è un’agiografia, né un’operazione commerciale: è un ritratto vero, fatto di musica, successi, ma anche di silenzi e contraddizioni.
Attraverso materiali d’archivio, interviste a colleghi e amici come Eric Clapton, Clementino, Eros Ramazzotti, Giorgia e tanti altri, il film racconta la storia di un artista che ha saputo mescolare il blues americano con la tradizione napoletana, creando qualcosa di unico.
Un docufilm che sa emozionare
Personalmente, mi ha colpito la scelta narrativa di non appesantire il racconto con troppa retorica.
La musica resta sempre al centro, protagonista assoluta. E ogni canzone, ogni frammento video, ogni parola detta da chi lo ha conosciuto sembra cucita su misura per far emergere l’essenza di Pino: schivo, dolce, rivoluzionario a modo suo.
Nero a Metà, titolo non casuale, è il simbolo della sua identità musicale e personale: metà Napoli, metà mondo, sempre diviso tra tradizione e innovazione, tra malinconia e vitalità.
Pregi e difetti del documentario
Se devo trovare un piccolo difetto, forse avrei voluto vedere qualche lato ancora più inedito della sua vita privata, scavare di più nell’uomo oltre che nell’artista.
Ma capisco anche la scelta di mantenere un certo rispetto e pudore nei confronti della sua figura: in fondo, anche questo è Pino Daniele.
Dal punto di vista tecnico, il montaggio è fluido, con una struttura narrativa semplice ma efficace.
Le testimonianze si alternano con equilibrio alla musica, senza mai spezzare il ritmo emotivo.
Il mio giudizio finale su “Pino Daniele – Nero a Metà”
Pino Daniele – Nero a Metà non è solo un documentario: è un incontro, un abbraccio, un viaggio.
Un regalo per chi ama Pino e per chi vuole scoprire perché è diventato, e resterà, un’icona della musica italiana.
Voto personale: 9/10.
Motivo: Per la capacità di emozionare senza forzare, per l’autenticità del racconto e per aver riportato in vita, anche solo per un’ora e mezza, l’anima di un artista indimenticabile.