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Lost Station Girls: Il mostro della stazione – il silenzio che urla

C’è un momento in cui l’assenza diventa un urlo: Lost Station Girls: Il mostro della stazione parte da lì, da dove le vittime non ci sono più e il vuoto è pieno di domande.

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Trama: Lost Station Girls

Tra il 1995 e il 2001, quattro giovani donne scompaiono nei pressi della stazione ferroviaria di Perpignan, nel sud della Francia: di tre il corpo verrà ritrovato con mutilazioni, di una non si è mai avuta traccia.

Quello che sembra un caso sparso diventa, con il tempo, l’ossessione della poliziotta Flore Robin, che nel giorno del primo delitto entra in servizio e si trova legata al caso per vent’anni.

La serie francese, distribuita come Les Disparues de la Gare, si snoda in sei episodi di circa 45 minuti, e racconta non solo la caccia all’assassino, ma anche il peso del fallimento investigativo, il giudizio mediatico, la complicità silenziosa della società e il tormento personale di chi cerca risposte.

Camille Razat interpreta Flore con misura e determinazione: non è eroina perfetta, ma qualcuno che si consuma col caso, che sente il tempo scorrere mentre resta ferma. Accanto a lei, Hugo Becker e Mélanie Doutey portano le loro versioni dei parenti, dei sospetti, di chi è stato lasciato nel mito della sparizione.

Lo stile narrativo è sobrio, vicino al documentario, con uno sguardo che quasi “lamenta” le omissioni: non spettacolarizza la violenza, ma lascia che sia la quotidianità a mostrarla, nei silenzi, negli sguardi, nei corridoi della stazione. Le ambientazioni — Perpignan, Montpellier — sono riprese con toni desaturati, che restituiscono il senso di sospensione, di attesa che si dilata.

E quando l’assassino si mostra, non è in un momento esplosivo, ma più come un’ombra guastata e banale — ed è nella banalità del male che il racconto colpisce.


✅ Pro & ❌ Contro

✔️ Pro ❗ Contro
Narrazione che rispetta le vittime e non glorifica il killer Alcuni episodi rallentano troppo, con poca tensione
Ritratto credibile della fatica investigativa e del dolore umano Alcuni personaggi secondari restano in ombra
Stile visivo sobrio e atmosfere sospese Le dinamiche investigative non sempre appaiono spiegate con chiarezza
Tensione emotiva che cresce senza ricorrere a colpi di scena forzati La risoluzione può sembrare “già scritta” in parte

Valutazione: ★★★★☆ (4/5)

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