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Cobra Kai 6, Parte 1, la recensione: ritmo e umorismo per una stagione in cerca di un villain

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Ritmo e umorismo per una stagione in cerca di un villain

Johnny Lawrence non era cattivo. Lo disegnavano così. È quello che abbiamo imparato guardando “Cobra Kai”, la serie tv Netflix che, vari decenni dopo, ha ripreso l’eredità di “Karate Kid” e i suoi personaggi. Negli anni Ottanta, i villain erano… i villain. Bidimensionali come era anche Johnny, un personaggio che aveva poche battute e di cui, in fondo, non sapevamo nulla. “Cobra Kai” lo ha riportato in scena, dandogli un’anima, una storia, una profondità. E così a Johnny abbiamo voluto bene da subito. Ed è bello vedere, all’inizio dei primi 5 episodi di “Cobra Kai 6, Parte 1”, su Netflix, Johnny e Daniel, per non parlare di Chozen, serenamente insieme. E così i ragazzi del dojo, che unisce i loro due mondi Miyagi Do e Eagle Fang. Se i personaggi stanno tutti dalla stessa parte, però, serve un nemico. È uno sporco lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare. E allora il “Lato Oscuro della Forza” è sempre in agguato. Ed è in questo senso che la nuova stagione, almeno all’inizio, sembra procedere con qualche schema forzato, e qualche problema di equilibrio. Pur restando una serie godibilissima, veloce e perfetta nella durata degli episodi, con il pregio di riportarci in un mondo che amiamo.

Cobra Kai 6, Parte 1: niente più guerre di karate

“È il dolce silenzio. Mai più guerre di karate” esclama il nostro Daniel LaRusso (Ralph Macchio) all’inizio di “Cobra Kai 6”. Nella Valley di Los Angeles sembra essere tornata la pace. Nel dojo misto, che unisce i sensei, i principi e gli atleti del Miyagi Do e dell’Eagle Fang, tutto sembra scorrere sereno. Almeno fino a che la tensione per chi farà parte del Sekai Taikai, il torneo di karate più importante del mondo comincerà a diventare sempre più alta. Tori Nichols (Peyton List) e Samantha LaRusso (Mary Mouser), appianate le rivalità, sono diventate amiche. E così Miguel Diaz (Xolo Mariduena) e Robbie Keene (Tanner Buchanan) si sono avvicinati. Le due ragazze e i due ragazzi dovranno però battersi per il ruolo di capitano. Intanto, John Kreese sta agendo nell’ombra. Lo sappiamo: il Cobra Kai non muore mai.

Cattivi cercasi

Come dicevamo, con tutti i contendenti dalla stessa parte (così, almeno, sembra…) serve trovare la loro nemesi. E in questo senso “Cobra Kai 6” cade nelle scelte forzate. Va infatti a cercare nel passato di Kreese, in modo da portarlo a contatto con un altro dojo. I cui membri sembrano adatti al credo del Cobra Kai. Diverso è, però, raccontare dei conflitti (umani e sportivi) partendo da personaggi che sono cresciuti e hanno vissuto per cinque stagioni, o farlo mettendo in scena dei personaggi a freddo, senza approfondimenti e senza storia. Il rischio è proprio quello di mettere in scena dei villain bidimensionali e vuoti com’erano Johnny e i compagni del Cobra Kai nel “Karate Kid” originale. Uno dei problemi di questi primi episodi della stagione sei è infatti questo: nuovi personaggi appena abbozzati e non disegnati bene come gli altri. E una sorta di mancato equilibrio tra lo spazio a loro dedicato: man mano che ci si avvicina al finale di questa prima parte i nuovi villain scompaiono, e così viene accantonato anche Chozen, che nella prima parte aveva avuto i suoi momenti. Ma questa prima parte di stagione è chiaramente un momento interlocutorio, di passaggio.

Il Lato Oscuro della Forza

È chiaro che, come in tutte le stagioni di “Cobra Kai”, una delle partite che si giocano è quella del passaggio al Lato Oscuro della Forza. Sì, in questo mondo il Male è sempre pronto a risorgere e con lui anche la tentazione. A più riprese il Lato Oscuro prova a sedurre alcuni dei protagonisti, quelli che più cedono a sentimenti come la rabbia, la paura, la disillusione. Ma anche chi al Lato Oscuro non passerebbe mai, come Daniel, può andare in crisi d’identità, venendo a sapere delle cose del suo maestro, Miyagi, che definiremmo inaspettate. A proposito, proprio come per Anakin Skywalker in “Star Wars – Episodio II: L’attacco dei cloni 3D”, la tentazione di cedere alla rabbia ha a che fare con la figura della madre.

Serie perfetta per il binge watching

Ovviamente, ed è questo il bello, in “Cobra Kai” tutto è raccontato con ironia, sarcasmo e con un certo distacco dalla materia originale che, anche in questa stagione 6, si rivelano la carta vincente della serie. Che rimane una grande operazione di legacy sequel, una delle poche in chiave seriale, per come riprende l’eredità della saga di “Karate Kid – Per vincere domani” e la rilegge. A differenza della maggioranza dei legacy sequel, però, solitamente rispettosi delle loro “radici”, “Cobra Kai” ne ribalta le premesse, approfondisce i personaggi in modo diverso con il risultato di smitizzare i primi film. “Cobra Kai” ha il pregio di aver trovato un suo tono di voce, che continua a mantenere anche in questa sesta stagione. Così come mantiene il ritmo e la giusta durata degli episodi, sempre tra i 30 e i 35 minuti, oggi che anche le serie hanno episodi di un’ora, o più. Rimane dunque una serie perfetta per il binge watching e per il target di Netflix. Aspettiamo quindi le prossime parti. Sarà il momento del Sekai Taikai.

Conclusioni

Una nuova stagione che sembra procedere a schemi forzati, sia per la costruzione dei personaggi, a cui manca equilibrio, sia per la loro successiva gestione. Tuttavia, “Cobra Kai 6” è ancora uno show fresco, divertente, perfetto nella durata, e adatto ad una visione rilassata in binge watching. E poi, ha il pregio di riportarci nel mondo mitico di “Karate Kid”.