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Elsbeth: ironia, empatia e casi fuori dagli schemi

Ci sono personaggi che nascono come spalle e finiscono per rubare la scena. È esattamente quello che è successo a Elsbeth Tascioni, l’avvocatessa un po’ stravagante e fuori dalle regole vista in The Good Wife e The Good Fight. Talmente memorabile da meritarsi una serie tutta sua.

La sfida era enorme: riuscire a reggere un intero show con un personaggio così particolare senza trasformarlo in una macchietta. La buona notizia è che Carrie Preston non solo riesce nell’impresa, ma fa di Elsbeth una delle serie più fresche e originali degli ultimi anni.

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Stagione 1 – Il fascino del diverso

La prima stagione introduce il nuovo mondo di Elsbeth: non più le aule di tribunale, ma le strade di New York, dove collabora con l’NYPD come una sorta di consulente esterna. L’idea di base è intrigante: Elsbeth non è un’investigatrice tradizionale, ma osserva dettagli che agli altri sfuggono, collega indizi con la sua logica tutta personale, spesso arrivando a conclusioni sorprendenti.

Quello che colpisce è il tono: non è un classico crime cupo e drammatico, ma un procedural ottimista, con casi che mantengono alta la tensione senza mai rinunciare all’ironia. Gli episodi funzionano grazie al format “howcatchem”: lo spettatore vede subito chi è il colpevole e il divertimento sta nel capire come Elsbeth riuscirà a smascherarlo. Una scelta intelligente, che distingue la serie dalle infinite varianti del “whodunit”.

La stagione è leggera ma non superficiale: sotto la brillantezza di Elsbeth si intravede sempre una donna fragile, con un suo modo personale di affrontare il mondo. E questo la rende tremendamente umana.


Stagione 2 – Più sfumature, più emozioni

Se la prima stagione era un biglietto da visita, la seconda alza l’asticella. I casi restano ingegnosi, ma la vera novità è che la serie comincia ad esplorare con più decisione il lato personale e vulnerabile della protagonista.

Vediamo un’Elsbeth più emotiva, capace di mostrare debolezze, paure, ma anche una grande resilienza. I rapporti con i personaggi secondari si arricchiscono: l’amicizia con l’agente Kaya diventa un punto fermo, il rapporto con il Capitano Wagner evolve e porta nuove tensioni, mentre i casi assumono una tonalità leggermente più cupa e adulta.

Questa crescita rende la serie ancora più interessante: non è solo un insieme di “casi della settimana”, ma un percorso che parla di relazioni, empatia e giustizia in senso lato.


Perché guardarla

Elsbeth non ha l’ambizione di rivoluzionare il genere, ma riesce a renderlo più leggero, più caldo e più vicino allo spettatore. È una serie che ti fa sorridere senza scadere nella parodia, che ti intrattiene senza diventare prevedibile. Il tutto sorretto da una protagonista che sembra un mix tra genio, follia e un cuore grande così.

Non è perfetta: a volte la formula ripetitiva dei casi si fa sentire, e chi ama i crime cupi e seriosi potrebbe trovarla troppo giocosa. Ma è proprio questa la sua forza: portare una ventata d’aria fresca in un panorama televisivo spesso fin troppo uniforme.


Voto finale

8 / 10
Elsbeth è una serie che cresce con il tempo: brillante nella prima stagione, più matura e coinvolgente nella seconda. Un procedural con anima, capace di unire intelligenza e leggerezza, ma anche di sorprenderti con momenti di vera emozione.

Pro & Contro

PRO CONTRO
Carrie Preston magnetica e irresistibile Struttura episodica talvolta ripetitiva
Tono fresco, ironico ma mai banale Non adatto a chi cerca crime cupi
Evoluzione emotiva nella seconda stagione Alcuni casi meno incisivi
Dinamica Elsbeth–Kaya autentica e brillante Stile narrativo molto peculiare: o lo ami o lo odi

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