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Il rifugio atomico – dal bunker al melodramma

Dopo il successo globale de La casa di carta, Álex Pina torna con Il rifugio atomico, miniserie Netflix che sulla carta aveva una delle premesse più intriganti dell’anno: un bunker sotterraneo superlusso, dieci anni di isolamento, famiglie di ricchi milionari pronti a salvarsi da guerre e catastrofi. Un’ambientazione carica di tensione sociale, perfetta per una satira sul capitalismo estremo e sul divario tra classi.

Peccato che l’idea si disperda quasi subito. Quello che poteva essere un mix tra thriller claustrofobico e riflessione politica diventa invece una soap opera melodrammatica, dominata da tradimenti, intrighi sessuali e personaggi caricaturali.

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Tra melodramma e fantascienza mancata

La serie si concentra sulle vicende di due famiglie ricchissime, intrappolate insieme nel bunker. Più che sulle dinamiche sociali o sulla critica al potere, la narrazione vira verso il melodramma: triangoli amorosi, gelosie, rivelazioni familiari assurde e un continuo esibizionismo erotico che soffoca la componente distopica.

C’è anche il tentativo di inserire temi attuali come abuso di intelligenza artificiale, furto d’identità e fake news, ma restano accennati e poco sviluppati, quasi accessori a favore delle sottotrame sentimentali.


Pro & Contro

✔️ Pro ❗ Contro
Ambientazione affascinante: un bunker di lusso in piena apocalisse Dialoghi eccessivi e spesso imbarazzanti
Buona premessa narrativa, ricca di potenziale satirico Deriva in una soap opera melodrammatica
Alcuni momenti visivi ben realizzati Personaggi stereotipati e insopportabili
Possibilità di rilancio con una seconda stagione Tono incoerente, dal thriller al fotoromanzo

Valutazione: ★★☆☆☆ (2/5)


Impressione finale

Il rifugio atomico è un’occasione mancata. Con un’ambientazione tanto potente, ci si aspettava un racconto sul potere, la sopravvivenza e la lotta di classe. Invece, la serie si perde in intrighi familiari e scene erotiche da telenovela. Resta da capire se, in caso di una seconda stagione, ci sarà il coraggio di cambiare rotta e riportare la storia verso la distopia e la tensione che meritava.