In un Brasile segnato da dittatura, costumi rigidi e sovrastrutture, Ney Matogrosso emergente non suona come un uomo perfetto: suona come un urlo, un corpo che scardina una forma.
Il film “Matogrosso”, diretto da Esmir Filho, non si limita a narrare una carriera musicale — parla di identità, ribellione e trasformazione artistica.
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La storia segue Ney de Souza Pereira fin dalla giovinezza in una zona povera del Brasile, fino al suo salto nell’innovativa band Secos & Molhados, e oltre, alla conquista del palco come solista con voce da controtenore e presenza scenica androgina.
La sua ascesa avviene tra contrasti familiari, repressione politica, malattia, amore e rinascita. Un film dove la musica non è solo colonna sonora, ma linfa vitale, battito umano di una generazione che chiedeva liberazione.
Temi principali
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Identità e liberazione: Ney non accetta ruoli precostituiti; trasforma il palco in zona di libertà.
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Arte come riscatto: dalla provincia al globo, dalla repressione all’apertura.
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Corpo e voce: l’immagine eccentrica e la voce unica diventano simboli di rottura.
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Contesto politico: l’arte in un Brasile di dittatura, la musica come atto di resistenza.
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Memoria e trasformazione: la carriera di Ney non è solo successo, è evoluzione.
Produzione, cast e stile
Il protagonista è Jesuíta Barbosa nei panni di Ney; un cast ricco di interpreti brasiliani di spicco. Il film è distribuito su Netflix in Italia e vanta una durata di circa 131 minuti.
Esteticamente, il film è sontuoso: costumi, scenografie, sequenze musicali che catturano il palcoscenico degli anni ’70 brasiliani e la metamorfosi di un artista. La regia alterna momenti contemplativi, concerti incandescenti e flashback emotivi.
Cosa funziona e cosa lascia perplessi
| ✅ Punti di forza | ❌ Limiti |
|---|---|
| Interpretazione potente di Jesuíta Barbosa: corpo, voce, presenza visiva. | Alcune sezioni risultano più videoclip che racconto strutturato: ritmo irregolare. |
| Sequenze musicali coinvolgenti che restituiscono l’essenza del palco. | Il contesto politico/sociale viene talvolta accennato più che approfondito. |
| Estetica curata e originale: colori, costumi, scenografie memorabili. | Il film può risultare meno accessibile per chi non conosce Ney o il contesto brasiliano. |
| Tema della liberazione individuale forte e contemporaneo nonostante l’ambientazione storica. | Alcuni personaggi secondari restano poco definiti: la storia prevale sul dettaglio. |
Voto finale
8,1 / 10
Matogrosso è un biopic che non teme di essere estetico e sensuale, ma riesce anche a parlare con voce franca della libertà e della trasformazione.
Non è perfetto, ma è intenso, visivamente vivido e musicalmente potente.
Se sei curioso di un artista che ha riscritto le regole del palco e della voce, questo film merita la visione.
Una voce che rompe il silenzio.
Un corpo che riscrive la scena.
Un uomo che ha scelto di essere artista libero.
“Matogrosso” non è solo la storia di Ney Matogrosso: è un’esplorazione di cosa significhi liberarsi-per-essere e restare se stessi quando tutti vogliono cambiarti.
“La voce non serve solo a cantare. Serve a far tremare una storia che resiste.”