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Un noir che non ti aspetti
Il noir che non ti aspetti arriva da un regista che, purtroppo, ci ha lasciato troppo presto. Claudio Caligari, autore di “Amore tossico” e “L’odore della notte”, si è spento a maggio, ma ci ha regalato la sua ultima fatica che arriva nei cinema dopo un passaggio, fuori concorso, al Festival di Venezia. In “Non essere cattivo” Caligari, che è stato anche un apprezzato documentarista, torna a occuparsi di quella periferia piatta e disperata che circonda la Capitale, nella fattispecie di Ostia, fotografata in versione autunnale e sbiadita.
Un omaggio al regista
La morte prematura di Caligari (il film è stato ultimato grazie al contributo del produttore Valerio Mastandrea) ha spinto la Mostra di Venezia a omaggiare il regista con un ultimo commiato, ma se avesse avuto l’onore del concorso, “Non essere cattivo” avrebbe potuto fare molto bene. Il testamento artistico di Caligari è una pellicola dura, diretta, compatta, priva di sbavature. Caligari dirige senza incertezze, descrivendo il sottobosco malavitoso della borgata di Ostia. Il film si sofferma su due amici d’infanzia, Cesare (Luca Marinelli) e Vittorio (Alessandro Borghi). Due giovani sbandati, privi di prospettive, che trascorrono le giornate tra un bar e l’altro pensando a come tirar su due soldi e bruciano le notti tra pasticche, alcool, discoteche, risse e corse in auto sul lungomare. Ognuno si porta dentro le proprie frustrazioni, i propri dolori, i propri drammi familiari, ma l’unica ricetta al malessere è annebbiare la mente sballandosi.
Il vuoto pneumatico della periferia capitolina
“Non essere cattivo” è, in qualche misura, un sequel ideale di “Amore tossico”. Stessa location, il film si apre nel 1995. Dopo lo sballo da eroina e l’ubriacatura da yuppismo degli anni ’80, Caligari fotografa un mondo cambiato, appiattito e impoverito. Il sottoproletariato romano è stretto in una morsa, stritolato dalla fedeltà ai valori della borgata e dai danni derivanti dall’epoca che si è appena conclusa. Di conseguenza per Cesare, Vittorio e per i loro compagni di sballo non esistono altre prospettive che la piccola criminalità, lo spaccio, qualche rapina, per procurarsi la roba e tirare avanti senza lavorare. L’alternativa, per chi cerca di mettere la testa a posto, è fare il manovale a giornata in qualche cantiere dove verrà chiaramente pagato in nero. Già assodata l’assenza dello stato, adesso viene a mancare del tutto anche la fiducia nei confronti del mondo del lavoro.
Un ritratto dell’Italia senza compromessi
La regia di Claudio Caligari è nervosa, tagliente, efficace. Ogni singola inquadratura ha un peso fondamentale nell’economia del lungometraggio; non ci sono scene inutili né minuti sprecati. Il regista sa come mantenere la tensione narrativa alle stelle grazie al contributo essenziale del montatore Mauro Bonanni. Anche le scene colloquiali, i momenti di pausa apparente, sono calibrati al millimetro e funzionali alla narrazione. L’inferno della periferia capitolina risucchia tutti, ognuno con i suoi drammi. L’amicizia virile, l’amore, l’onestà, la speranza e la solidarietà sono sentimenti umani, come umana è la tendenza a cadere. C’è chi riesce a rialzarsi e chi precipita, ma c’è qualcosa di più grande che sovradetermina i singoli destini.
Conclusioni
“Non essere cattivo” si innesta in un microcosmo che è un efficace spaccato dell’Italia anni ’90, dove già proliferavano i sintomi della crisi che stiamo vivendo oggi. Il finale del film, di cui non anticipiamo il contenuto per non rovinare la visione, spiazza e addolora. Un pugno nello stomaco per i fautori del politically correct, il film di Caligari ha la lucidità necessaria per mostrare come ogni tentativo di rialzare la testa venga affossato dal contesto in cui l’individuo vive. Il capitalismo impera, si reinventa in nuove forme e gli errori del passato ricadono inevitabilmente sulle nuove generazioni. L’ultimo regalo di Claudio Caligari è un film che individua i colpevoli, senza sconti di pena. Il pubblico sarà in grado di recepire il suo messaggio?