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Operazione Vendetta: Rami Malek trasforma il dolore in giustizia nel nuovo thriller di spionaggio

  • Categoria dell'articolo:Recensioni film

Ci sono thriller che si accontentano di far esplodere cose. Poi ce ne sono altri che provano a far esplodere qualcosa dentro lo spettatore. Operazione Vendetta appartiene decisamente alla seconda categoria. Non è il classico spy-movie con muscoli e frasi ad effetto, ma un racconto sofferto e intimo sulla trasformazione di un uomo qualsiasi in una variabile impazzita all’interno della macchina dell’intelligence americana.

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Una premessa vera, e dolorosa

Il film parte da un trauma. Un attentato terroristico in un caffè di Londra si porta via la moglie di Charles Heller (Rami Malek), un analista linguistico della CIA. Heller è un tipo silenzioso, metodico, invisibile. Il genere di persona che analizza pattern e linguaggi, non certo un uomo d’azione. Ma la perdita lo spinge su un sentiero che non aveva mai nemmeno immaginato: quello della vendetta.

E qui comincia il vero film.

L’antieroe che ci mancava

Rami Malek si scrolla di dosso ogni cliché da “eroe riluttante” e porta sullo schermo un personaggio profondamente umano, fragile, ostinato. Charles Heller non è né carismatico né preparato. Ma ha una volontà incrollabile e un dolore incandescente che lo guida. La sua idea è semplice, quasi ingenua: usare le sue competenze per ottenere nomi, spostarsi nei luoghi chiave, ed eliminare chi ha reso possibile l’attentato. Ma la realtà è molto più torbida e sfuggente.

Il suo percorso non è quello di una vendetta spettacolare, bensì una discesa nel grigio morale delle operazioni clandestine, dove l’eroismo lascia spazio all’ambiguità, e i confini tra giusto e sbagliato diventano confusi.

Un thriller denso, che respira

Diretto con sobrietà e precisione da James Hawes, Operazione Vendetta è un film che non urla, ma sussurra con forza. Non cerca il colpo di scena gratuito, ma costruisce tensione attraverso il ritmo e la psicologia. La narrazione si snoda tra Berlino, Londra, Vienna e Parigi, ma evita il fascino turistico delle location: ogni ambiente è al servizio del senso di paranoia e isolamento del protagonista.

Il comparto tecnico è elegante ma essenziale: fotografia fredda, montaggio nervoso nei momenti chiave, e una colonna sonora che sottolinea ma non invadente. L’effetto complessivo è quasi claustrofobico, coerente con il punto di vista sempre chiuso sul protagonista.

Cast di contorno all’altezza

Accanto a Malek, troviamo un cast di supporto solido e ben diretto. Laurence Fishburne interpreta l’agente veterano che cerca di riportare Heller sotto controllo, mentre Rachel Brosnahan e Caitríona Balfe aggiungono sfumature interessanti alle rispettive figure femminili, entrambe incastrate nei meccanismi logoranti della politica e della sorveglianza. Jon Bernthal e Michael Stuhlbarg completano il puzzle con ruoli meno centrali ma incisivi.

Un film su ciò che resta dopo la vendetta

Forse la cosa più sorprendente di Operazione Vendetta è la sua capacità di evitare l’apologia della vendetta. Anzi, lo dice chiaramente: vendicarsi non riporta indietro nessuno, e spesso peggiora le cose. La vera battaglia è quella interna. Heller cerca risposte, cerca controllo, ma trova solo altri compromessi, altre zone d’ombra.

Ed è proprio lì che il film si fa interessante: quando abbandona la via comoda della “giustizia personale” per mostrare un uomo spezzato che si accorge di non avere più niente da perdere, né da guadagnare.


Operazione Vendetta è un film che richiede pazienza e attenzione. Non è un blockbuster, ma nemmeno vuole esserlo. È un’opera che osa rallentare per raccontare meglio. Che rinuncia al superfluo per restare fedele alla sua anima intima. E che regala a Rami Malek uno dei ruoli più maturi e stratificati della sua carriera.

Non è un film che piacerà a tutti, ma a chi cerca uno spy thriller diverso dal solito, più cerebrale che fisico, più emotivo che esplosivo… consigliamo davvero di non perderlo.

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