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Presence: una ghost-story atipica girata in soggettiva

  • Categoria dell'articolo:Recensioni film

Presence è un film che osa: diretto da Steven Soderbergh e scritto da David Koepp, propone una ghost-story atipica, girata quasi interamente in soggettiva. La macchina da presa è lo spirito che osserva una famiglia instabile, mentre si trasferisce in una nuova casa e deve confrontarsi con traumi, silenzi e un’entità che sembra avere più motivi per essere spaventata che essere spaventante.

La pellicola è elegante, silenziosa, visivamente controllata ma emotivamente potente. Non urla l’orrore, lo sussurra. E nel suo sussurro sta la forza.

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Trama e tematiche

La famiglia Payne — madre, padre, figlia e figlio maggiore — si trasferisce in una grande casa suburbana, cercando un nuovo inizio. Ma la figlia minore, traumatizzata da una perdita, inizia a percepire una presenza nella casa: qualcosa che la osserva, che cammina nella notte, che non parla ma esiste.
La narrazione segue l’“entità” non come una creatura mostruosa, ma come uno spettatore silenzioso delle dinamiche familiari — e in questo rovescia il classico film di case infestate: qui lo spettro è testimone, riflesso, simbolo.

Temi principali:

  • la presenza (letteralmente) e l’assenza che pesa;

  • i traumi che non si dicono;

  • la famiglia come luogo di conflitto, vulnerabilità e segreti;

  • la cinepresa come soggetto invisibile ma centrale.


Cosa funziona

  • Prospettiva unica: il film è attrattivo proprio perché la cinepresa ci mette nei panni dello spettro. Un’idea che crea immediata disorientazione e nuova forma di paura.

  • Atmosfera e tensione sottratta: nessuna corsa frenetica, nessun jump-scare gratuito; Soderbergh costruisce il silenzio e l’attesa.

  • Interpretazioni misurate: la famiglia è credibile; la paura non è caricata, è sottilissima.

  • Regia e stile visivo distintivo: un film quasi sperimentale dentro un format horror commerciale.


Cosa convince meno

  • Messaggio ambiguo: chi cerca una spiegazione chiara o un movente forte per lo “spirito” potrebbe restare insoddisfatto.

  • Ritmo lento: la mancanza di momenti più forti o esplosivi può penalizzare chi ama l’horror più tradizionale.

  • Accessibilità limitata: la forma sperimentale e il tono sostanzialmente intimista non rendono il film per tutti i gusti.

  • Personaggi secondari poco sviluppati: il focus è ristretto e questo lascia qualche ruolo in ombra.


Valutazione finale

Presence è un film che cerca di ridefinire l’horror da casa infestata, trasformandolo in un’esperienza visiva e simbolica.
Se siete pronti a una visione più contemplativa, che lascia spazi vuoti invece di riempirli, questo titolo può sorprendervi.
Se invece volete un horror con paura e adrenalina immediata, probabilmente rimarrete perplessi.

Voto: 8 / 10


Pro e Contro

Pro Contro
Prospettiva originale e sperimentale Ritmo lento e teso che richiede pazienza
Atmosfera densa e inquietante Spiegazione dello spettro volutamente vaga
Regia di grande personalità Non tutti i personaggi sono pienamente sviluppati
Un horror che riflette più che spaventare Meno “scare” tradizionali, più riflessione

Curiosità

  • Il film è girato quasi interamente dal punto di vista della “Presenza” invisibile — cioè la macchina da presa assume il ruolo dello spettro stesso.

  • Soderbergh ha curato anche la fotografia e il montaggio sotto pseudonimi
— un approccio molto personale.

  • L’intera produzione si è svolta in circa 11 giorni, in una casa reale nel New Jersey, con budget contenuto.

  • Il titolo “Presence” gioca sul doppio significato: presenza fisica e assenza emotiva all’interno della famiglia.