L’era degli stealth ultramoderni sembra aver ceduto il passo a qualcosa di più viscerale: Deathwatch non ci regala solo tattica e ombre, ma anche un Sam Fisher stanco, ritirato, che deve tornare a misurarsi con i fantasmi del passato. In questa nuova serie, creata da Derek Kolstad, Fisher è interpretato da Liev Schreiber, che raccoglie l’eredità vocale di Michael Ironside con un tono più riflessivo e meno aggressivo
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Dopo anni di silenzio, Fisher vive lontano dal mondo operativo, finché una missione fallita spinge l’agente Zinnia McKenna a chiederne il supporto. Così, il mito torna in azione. Ma Deathwatch non si costruisce solo sul nome: cerca equilibrio tra azione, intrigo e introspezione. Spostando il focus da “sole missioni” a “conseguenze del passato”, la serie genera un contrasto interessante — non sempre ben dosato.
L’animazione non è perfetta: il tratto a volte appare rigido, i movimenti meno fluidi rispetto a produzioni d’eccellenza. Tuttavia, alcune sequenze (l’azione su ghiaccio, le infiltrazioni notturne) mostrano che il potenziale c’era. I combattimenti sono estremi, le esplosioni rare, ma efficaci. E quando Fisher decide di tacere, la tensione cresce più delle esplosioni.
A livello narrativo, Deathwatch alterna momenti fulminanti e pause troppo lunghe. Il villain Diana Shetland (legata al passato di Fisher) ha un potenziale enorme, ma non viene sfruttato fino in fondo. I rapporti tra Fisher, Zinnia e Grim (voci solide nel cast) sono tra i punti più riusciti: l’alleanza forzata, il conflitto generazionale, il peso dell’esperienza.
✅ Pro & ❌ Contro
✔️ Punti di forza | ❗ Limiti |
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Sam Fisher più umano, meno supereroe | Animazione a tratti rigida |
Conflitti interni che superano l’azione | Ritmi altalenanti, momenti di eccesso verbale |
Cast vocale convincente e credibile | Personaggi antagonisti non sempre sviluppati |
Sequenze stealth ben studiate, atmosfera da thriller | Alcune scelte narrative prevedibili |
Valutazione: ★★★★☆ (3.5–4 / 5)