C’è un cinema che lavora sulle superfici e uno che lavora sulle fondamenta. The Brutalist, diretto con rigore da Brady Corbet, appartiene alla seconda categoria. Un’opera austera, meditativa e profondamente evocativa, che scava nei concetti di identità, esilio e aspirazione, attraverso la parabola personale di un uomo e, con lui, quella del sogno americano. Disponibile in streaming 4k gratis su Altadefinizione Premium. SUB ITA
Una storia intima dentro una cornice storica
La trama segue la vita di László Toth (Adrien Brody), architetto ebreo ungherese fuggito dal suo Paese natale nel secondo dopoguerra, in cerca di una nuova possibilità negli Stati Uniti. La sua vocazione creativa si scontra però con le logiche spietate della committenza, con un sistema che promette libertà ma spesso impone compromessi dolorosi. L’architettura, nel film, diventa metafora di costruzione identitaria, di ambizione e resistenza.
Il racconto è scandito da momenti di gelo emotivo e riflessione, più che da snodi narrativi convenzionali. È un flusso denso di silenzi, inquadrature statiche e dialoghi misurati, che restituiscono la sensazione di un mondo interiore in continua tensione.
Adrien Brody: vulnerabilità e rigore
Adrien Brody offre una performance controllata, intensa nella sua essenzialità. Il suo László è un uomo che incassa e tace, che costruisce palazzi mentre cerca di ricostruire sé stesso, frammentato dall’esilio e dai lutti. La sua interpretazione non cerca mai la facile empatia: è un lavoro rigoroso, asciutto, come le linee architettoniche che disegna.
Accanto a lui, un cast solido — tra cui Felicity Jones e Guy Pearce — arricchisce la narrazione, mantenendo però sempre al centro la prospettiva solitaria del protagonista.
Una regia geometrica, rigorosa, quasi scultorea
Brady Corbet adotta una messa in scena che riflette perfettamente il titolo del film: The Brutalist è costruito come un edificio di cemento armato, con una struttura visiva fredda, rigorosa, ma mai sterile. La fotografia gioca sui contrasti tra luci livide e ombre profonde, suggerendo il conflitto tra la forza esterna e le fragilità interiori.
Ogni inquadratura sembra pensata per durare, per sedimentarsi. Non c’è fretta, non c’è frenesia. Solo uno scorrere lento, quasi inesorabile, della memoria e del tempo.
Il sogno americano visto da chi lo guarda dal basso
Uno dei temi più forti del film è la tensione tra il sogno americano — quel mito di libertà, crescita e riconoscimento — e la sua traduzione concreta per chi, come László, arriva da fuori. The Brutalist mostra come anche la libertà possa avere un prezzo, come il potere e il denaro possano dettare estetica e destino, trasformando la creatività in strumento, e non in espressione.
In questa prospettiva, l’architettura brutalista — solida, spoglia, quasi imposta — diventa simbolo della dicotomia tra bellezza e funzionalità, tra ideali e realtà.
Perché consigliamo The Brutalist?
Consigliamo The Brutalist a chi ama il cinema riflessivo, essenziale, denso di simboli e significati. È un film che non cerca di piacere a tutti, ma che lavora in profondità, scavando nella psiche di un uomo segnato dal trauma, dalla perdita e dal bisogno di lasciare un’impronta nel mondo.
Non è un film facile, ma è un film importante: per lo stile, per i temi, per la sua capacità di trasformare l’architettura in un linguaggio dell’anima.